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6 marzo 2013

Saggio sulla lucidità: MoVimento 5 Stelle (Parte 1)


Una storia breve.

Immaginate di trovarvi in visita in una grande città, ricca di boulevard ma anche di suggestivi vicoli, scorci e viuzze nascoste. Avete fame, volete mangiare qualcosa di tipico e genuino, ma vi trovate in un’enorme piazza piena zeppa di McDonald's. Ovviamente vi allontanate disgustati al solo pensiero di entrarvi, anzi siete pure abbastanza indignati per questa invadenza, vi viene da pensare ai danni della globalizzazione, alla malignità e al monopolio delle multinaziionali etc. etc. . Vi infilate così in un vicolo, alla ricerca, magari, di qualche taverna o di qualche brasserie tipica. Improvvisamente davanti a voi compare un cartello luminoso: "Disgustato da McDonald’s? Indignato per la globalizzazione del cibo spazzatura? Vieni a provare da noi la cucina tipica e a km zero!". Seguite le indicazioni: vi accorgete che il percorso è disseminato di frecce luminose e deviazioni che in parte occultano l'ingresso di altri vicoli. Cominciate a trovare crocicchi di persone negli angoli: tutti parlottano della bontà di questo posto e di una concezione innovativa che coniuga tradizione e modernità, sogghignano contro i McDonald’s, fanno passi prima incerti, poi più decisi nella direzione delle frecce. D'improvviso vi colpisce lo scorcio di una stradina, ma la trovate transennata; guardando meglio vi accorgete che non è una vera transenna, di quelle che si mettono nei cantieri o che vengono poste dai vigili o dalle forze di polizia locali per vietare l'accesso ad una zona interdetta, ma un fake che gli somiglia molto. Potreste facilmente superare l'ostacolo, certo, tuttavia la fame, gli assembramenti e il flusso di persone e l'irresistibile fluorescenza delle insegne vi portano su un affollatissimo boulevard, che taglia dritto la città e conduce ad una casupola, più bassa rispetto agli alti edifici vicini, ma sovrastata da una gigantesca insegna caleidoscopica. Il contrasto di questa insegna rispetto alle dimensioni della casupola vi colpisce. Leggete, a caratteri cubitali: "PER CHI È SCHIFATO E INDIGNATO CONTRO IL CIBO SPAZZATURA DELLA CASTA DELLE MULTINAZIONALI: CIBO BUONO, LOCALE E A KM ZEROOOOOOO!!!!!!!!". Tutte queste insegne vi insospettiscono, ma ascoltate i commenti entusiasti delle persone: c'è chi chiama con il cellulare gli amici o la famiglia, chi trascina gli altri fuori dai portone dei palazzi, chi non fa altro che lodare il cibo che ha già assaggiato una volta, chi sbraita contro il monopolio delle multinazionali e dichiara che, dopo anni di inutile sbattimento, finalmente c'è un posto decente dove andare a mangiare,  la cui politica alimentare è per di più etica e giusta. Il flusso di persone è ora gigantesco: tutti sembrano dirigersi verso questo posto che annuncia, promette e grida ad ogni angolo, ad ogni incrocio, in ogni centimetro disponibile di muro, ossessivamente, sempre lo stesso messaggio. Entrate. Pensate che nonostante la grandiosa pubblicità, il posto non deve essere male: è piccolo, a misura d'uomo, rustico. Peccato sia incredibilmente sovraffollato. Vi accorgete che, a dispetto di quello che vi aspettavate, vi è un bancone pieno di pietanze a cui servirsi da soli, come nelle tavole calde, e temete che la ressa renda un approccio impossibile, ma vi accorgete subito che c'è un innovativo e tecnologico  sistema di prenotazione del proprio turno che razionalizza il flusso, evita code selvagge e attese e anzi di più, permette che ognuno si serva velocissimamente da sé e possa servire anche gli altri. Come si dice, tutti per uno e uno per tutti, ognuno per l’altro vale uno. Al vostro turno, decidete di assemblarvi un panino con un hamburger, che cuocete da soli in un istante in una piastra futurista, e aggiungete lattuga e pomodori già affettati. Vi è stato assegnato un tavolo: qualcuno vi ha già disposto sopra le bevande che avevate richiesto al sistema informatico, mentre voi poggiate nel tavolo libero vicino al vostro, ancora in attesa dei propri clienti, un piatto di insalata di riso che vi è stato segnalato di prelevare, mentre sfilavate lungo il bancone, dal medesimo sistema. Pensate che sia una cosa pazzesca, ma efficentissima, un metodo di relazioni e coordinazioni incrociate perfetto, basato sull'aiuto reciproco, che permette a voi e a tutti gli altri di essere serviti in tempi rapidissimi, di non avere troppe cose per le mani e di non trovare mai scarsità nella scelta delle pietanze. L'aspetto rustico combinato a questo futurismo vi lasciano piacevolmente allibiti. Di certo i gestori di questo posto hanno potuto ottenere qualità investendo in efficienza tecnologica e nella responsabilizzazione dei clienti, tagliando così i costi della filiera di sevizio, in primis quella di cuochi e camerieri. Davanti a voi c'è quindi un pranzetto succulento. Date il primo morso, lentamente, concedendovi tutto il tempo necessario per gustare. Fate respiri profondi, assaporate, indagate con le papille. E non capite. Non capite perché, dietro all'apparenza, c'è sempre lo stesso retrogusto, sempre quella specie di plastica e fritto/rifritto che vi aspettate da qualsiasi locale in una grande città, meno che da un posto tipico e genuino. Ma soprattutto non capite perché tutti continuino a dichiarare, ripetere a voce alta, sbraitare, urlare che il McDonald’s fa schifo e che qui è tutta un'altra cosa. C'è un piccolo particolare di cui vi accorgete: sono in pochi quelli seduti ad un tavolo soli, come voi. La maggior parte è in gruppo e sembra più attenta ad urlare, divorare e sbranare davanti ad altre facce compiacenti piuttosto che e a gustare. La maggior parte sembra gente frettolosa, ciarliera e distratta. Lasciate a metà il vostro pranzo e vi dirigete in fretta verso l'uscita. Qualcuno vi si para davanti, sorride e vi regala una maglietta, su cui campeggia un logo e un messaggio dello stesso tono degli altri: "POSTO BUONO!!! Cibo a km zero, genuino, per chi ha schifo del McDonlad’s ed è indignato per il monopolio della casta della globalizzazioneee!!!". Ora siete davvero perplessi. Vi disperdete nei vicoli, evitate la folla. Avete solo bisogno di solitudine, tempo e riflessione. Seduti su delle scale in pietra di un vicolo deserto e caratteristico, rigirate la maglietta nelle vostre mani, pensosi. Ad un certo punto, passandovela tra le mani, vi accorgete di qualcosa, un piccolo spessore, un rilievo quasi impercettibile ai bordi del logo. Indagate con i polpastrelli, fate leva con le unghie, notate che è una specie di adesivo, o di toppa, di quelle che andavano negli anni 80 e si attaccavano ai vestiti con il ferro da stiro, ma più sottile. La strappate via. Improvvisamente compare sotto un altro, ben noto logo: Burger King. Sorridete, increduli, perfino un po' divertiti sulla grossolanità di un tale mascheramento. Adesso avete solo voglia di perdervi in questi vicoli deserti e non sentire la voce di nessuno.  

2 commenti:

Mauro ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Mauro ha detto...

Guarda, fosse stata quella di KFC, l'etichetta nascosta, alla prossima tornata elettorale avrei votato "5 stelle".
:-)